cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

19 settembre 2017

Rivestire per vestire


C'erano una volta il legno, l'acciaio, la ceramica, la pietra, la terracotta, la stoffa; c'erano cioè i materiali, fieri di essere diversi tra loro e di rappresentare ognuno le proprie caratteristiche. Capaci di esprimere la loro storia, fatta di capacità manuali, di sapienza artigianale, di conoscenza della natura; in grado di manifestarsi grazie al colore, alla trama, al trattamento superficiale, alle modalità di posa in opera, alle texture che si materializzano nell'accostarsi, al disegno delle venature e dei pigmenti. Materiali che, nel tempo, si sono evoluti e specializzati, offrendo prestazioni sempre maggiori e livelli di lavorazione più raffinati, grazie a strumenti, a finiture, ad impregnati, a colle, a ferramenta e protezioni.
Ci sono oggi, invece, la ceramica che assomiglia al legno, il legno che sembra acciaio, il gres ceramico che imita la pietra, la pittura a smalto effetto seta; ci sono poi il legno stratificato che sembra un massello, l'ipergres che emula il cotto fatto a mano, il marmo ricomposto che appare come un blocco monolitico, ovvero come sfoglie sottilissime. Insomma, se una volta c'erano i materiali, oggi ci sono materiali che ne imitano altri, prodotti sofisticati, spesso artificiali, che evocano l'aspetto e la natura di componenti e prodotti della tradizione costruttiva.
C'è stato cioè un avanzamento tecnologico capace di rispondere ad esigenze prestazionali di durata, manutenzione, sicurezza, resistenza, oltre che di rispondenza a normative e a criteri di organizzazione del cantiere, che ha portato alla scoperta e alla diffusione di materiali innovativi tecnicamente i cui valori estetici, formali, cromatici e tattili sono stati desunti da altre materie, trattati come un attributo aggiunto da applicare a richiesta, creando una separazione tra sostanza e aspetto degli elementi.
Se una volta i materiali esprimevano direttamente la loro storia, rappresentavano cioè il racconto minuzioso della loro essenza, delle capacità statiche, delle regole di montaggio, della decorazione tettonica o aggiunta, dei linguaggi sovrapposti, dell'evocazione di condizioni psicologiche, oggi invece bisogna distinguere le loro caratteristiche tecniche dai loro valori estetici e formali.
Si pretende cioè che un legno abbia le stesse prestazioni di un gres, che una ceramica sia indistruttibile come l'acciaio, che il ferro non sia aggredibile dagli agenti atmosferici, insomma si richiede un aspetto preciso – che intende corroborare un'idea di forma e rappresentazione dell'architettura – e nel contempo una qualità che non appartiene alla materia scelta.
La tradizionale dualità tra “pelle” e “struttura” dell'architettura, tra superficie tattile visibile e sostanza dell'organismo tecnologico, non è più sufficiente per giustificare la volontà contemporanea di “vestire il corpo”, di sovrapporre un'idea di forma ad una natura differente. Vestire, o più precisamente “rivestire”, poiché la corretta manifattura di un abito comunque richiede una coerenza tra espressione formale e capacità prestazionale del tessuto, mentre l'esito odierno richiesto è di una “messa in scena” che possa raccontare – autonomamente – il portato espressivo del manufatto architettonico, ben oltre la sua struttura o la sua funzione.
Tali considerazioni non esprimono un giudizio di valore; la storia dell'architettura mostra come ciclicamente siano stati proposti linguaggi e stili, corrispondenti ad una visione dello spazio e dell'abitare ottenuta attraverso una sovrapposizione di decorazioni e rivestimenti, per soddisfare il gusto dell'epoca, totalmente scissi dalla natura strutturale. Ciò che in fondo è precipuo del presente rispetto al passato è il fatto che, nella storia, la scelta del rivestimento autonomo è spesso dipesa dai limiti della struttura, inadatta a raggiungere forme desiderate, per cui l'impianto decorativo sovrapposto è servito per aggiungere espressività e valori dello spazio impossibili da ottenere con le tecniche del tempo. Le forme inedite e le ardite soluzioni immaginate dal barocco, l'ordine ed il ritmo e la compostezza di una tettonica dei materiali – più sublime che reale – del neoclassico, la luce ed i pesi cromatici dei mosaici bizantini, intendevano perseguire contenuti dello spazio architettonico e dei valori della forma del manufatto, ritenuti essenziali, non ottenibili con le conoscenze scientifiche del tempo.
Oggi, a fronte di una capacità costruttiva praticamente senza limiti, è evidente che mascherare la struttura, fingere la natura dei materiali, non sia più una esigenza, ma una scelta. Una scelta precisa di standardizzare i processi costruttivi, di garantire e certificare prodotti e le relative prestazioni, e di demandare ad uno strato sovrapposto, ad un layer dedicato al gusto e a linguaggio, i valori espressivi e formali dell'architettura.
Questo atteggiamento, in particolare se riferito alla definizione degli spazi interni, al progetto dei luoghi specifici dedicati alla vita quotidiana, non è estraneo alla realtà tecnologica, digitale e multimediale che contraddistingue l'attualità. Basta riferirsi agli strumenti e agli apparati elettronici odierni; ad essi si richiedono precise prestazioni e capacità a svolgere determinate funzioni, ma nel contempo si pretende che siano perfettamente personalizzabili ed adattabili ad ogni esigenza individuale. Il digitale ha creato oggetti – a cui sembra impossibile rinunciare – concepiti a partire da un hardware – inteso come struttura capace di rispondere a richieste funzionali – e un software estremamente flessibile per potersi adattare a richieste di gusto e di interfaccia uniche e personali. Se a questa considerazione di ordine generale aggiungiamo la caduta di confini netti tra le arti e la tecnica, tra le arti maggiori e quelle applicate tese a migliorare il quotidiano, è evidente come le strategie di comunicazione, la necessità di espressione, siano ormai alla base di tutto ciò che da forma alla vita dell'uomo.
L'architettura, e soprattuto il progetto di interni, sono portatori di una narrazione complessa e mutevole, di una manifestazione palese di contenuti sia generali e condivisi che intimi e specifici, di un racconto non definitivo ma capace di assecondare la mutevolezza del presente. Non che questo non sia ottenibile – come sempre è stato – attraverso la tettonica, l'onestà strutturale e l'espressività delle materie naturali; tuttavia bisogna prendere atto che non si può non tenere in conto dell'invadenza della comunicazione virtuale capace di incidere concretamente sulla realtà delle cose e dei comportamenti.
“Rivestire per vestire” è oggi quindi la pratica che consente di riflette a fondo sulle esigenze dell'abitare, svincolandole da quelle della tecnica; le superfici diventano forma della narrazione dei propri valori estetici e si confrontano con la mescolanza di influenze culturali derivate dalle variazioni di gusto e dall'incontro, inatteso, di tradizioni lontane.