cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

24 settembre 2016

On the border



Calato nei ritmi di alcune delle principali città del nord del Messico, da giorni mi interrogo sulle differenze di queste con i nostri spazi urbani, tra il sistema di vita europeo (o sudamericano) e questo che appare una versione latina di quello statunitense.
In questi Stati roventi ed umidi il “confine” è qualcosa di tangibile: è presente quello politico e geografico tra gli Stati del Texas, Nuovo Messico e Arizona (USA) e quelli del Nuevo León, Coahuila e Chihuahua (Messico); è evidente quanto instabile quello tra il deserto e il limite delle città in perenne crescita; è palpabile quello tra i ricchi (molto ricchi) e i poveri (molto poveri) che godono di spazi diversi ovvero diversamente degli stessi spazi; è ossessivo quello tra le infrastrutture e i luoghi di vita, irraggiungibili senza auto e sulle auto dimensionati; è controllato e sottolineato quello tra pubblico e privato, tra intimo e collettivo, dove tutto è intercluso, recintato e delimitato; è, alla fine, perduto quello tra ciò che serve realmente e ciò che è imposto come indispensabile.
Molte città interne del nord infatti, come Monterrey, León, Aguascalientes, pur avendo un centro antico riconoscibile, un nucleo di fondazione basato sullo schema quadricolare imposto dalla cultura ispanica, pur conservando monumenti e una edilizia diffusa propria dell'età coloniale, si sono sviluppate in maniera caotica, assecondando un modello incoerente di aggregazione di funzioni pubbliche, di centri commerciali e di nuclei residenziali protetti, lungo le principali vie di comunicazione, ragione e strumento delle relazioni tra le diverse parti urbane. Strade, autostrade, svincoli, ponti, sottopassi e viadotti sono il legante di luoghi significativi della città che sottintendono una mobilità legata esclusivamente alle automobili private. Rare sono le ferrovie o le metropolitane, spesso insufficienti le linee di autobus, impossibile pensare ad una percorrenza pedonale viste le distanze tra i quartieri.
Questa modalità di sviluppo delle città, così diverso dall'idea di spazio urbano che noi conosciamo, ha costruito un nuovo rapporto tra i luoghi del commercio e gli utenti, che ha influenzato il disegno stesso, nonché la strutturazione, di quelli che normalmente chiamiamo negozi, ristoranti, bar. Non mi sto, infatti, riferendo ai centri commerciali, ai nuovi centri di una urbanità studiata a tavolino e costruita sugli interessi del mercato, il cui schema è noto, ma a quei normali punti vendita, luoghi di affari e convivialità che sono qui costruiti per un utente “a quattro ruote”, basati cioè su una percezione veloce dall'auto e su una fruizione di chi ha già deciso di frequentarli.
Il primo tema è infatti quello della visibilità, che va ben oltre la semplice insegna - stile Las Vegas per fare un esempio - e che diviene, a tutti gli effetti, una comunicazione integrata che va dalla grafica, ai colori, alla morfologia, alla multimedialità. Soprattutto la morfologia del manufatto, cioè la forma architettonica, è quella che maggiormente stupisce perché ogni luogo evidentemente cerca di farsi notare, ricerca l'eccezione e l'eccezionale, rifugge ogni continuità o omologazione con il contesto e, soprattutto, persegue una strategia simbolica e segnica che vorrebbe far intuire istantaneamente la sua ragione. Il caos diviene la regola, ogni luogo è un evento a sé stante, ogni spazio cerca di sovrascrivere l'esistente e di sopraffare quello adiacente, la sensazione è di uno zapping tra spot pubblicitari la cui velocità è dettata solo dal flusso del traffico.
Altro tema caratteristico è quello degli interni, spesso visibili sin dall'esterno, talvolta celati per costruire l'effetto sorpresa, comunque descritti dagli slogan pubblicitari, e in ogni caso spettacolari per dimensioni, decorazioni e uso dei materiali. Il luogo di vendita va ben oltre il prodotto stesso, è la formalizzazione del desiderio prima ancora che dell'atto di acquisto o della consumazione di cibi e bevande; è la messa in scena con cui sono suggeriti stili di vita e possibili relazioni tra gli utenti; è comunque uno spazio a cui si arriva e da cui ci si allontana consapevoli di avere vissuto un evento e non solo soddisfatto un bisogno legato ad una funzione. È cioè la forma di uno spazio dove esaudire un desiderio in un preciso tempo di fruizione privo di relazioni con ciò che precede o segue.
Il terzo tema è quello dell'esclusività, dell'originalità, della spettacolarizzazione dell'atto, pur semplice, di effettuare un acquisto o di consumare un pasto. Questo perché, non essendo una tappa di un percorso ma una meta da raggiungere, ogni luogo si deve imporre attraverso un profilo attrattivo, capace di creare una dipendenza in grado da costringere a tornarci.

Tutto ciò che a noi appare eccessivo, esagerato e spesso sovradimensionato – anche da un punto di vista estetico – è solo la logica conseguenza di abitudini differenti di cui, comunque, l'architettura si fa portatrice, perseguendo stili e imponendo azioni che sono lo specchio di una società globalizzata alla ricerca, comunque, di una sua peculiare identità.