cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

26 aprile 2013

Commenti... (bando ai pudori e alle timidizze!)

Caro Paolo
l'ho finito proprio ora. mi ha davvero colpito: bellissimo!. bravo, hai fatto il libro che in fondo avrei sempre voluto fare, o che forse scrivo da sempre in quanto quando scrivo io mi rivolgo sempre a loro, mai agli accademici. al di là di questo e molte altre tenerezze che il tuo racconto mi ha suscitato (passaggi, parole che appartengono ad un lessico familiare e che uniscono più del dna  a volte....) è davvero scritto bene. come un giallo da cui non mi sono potuto staccare fino ad ora che l'ho terminato.
NF

Caro Paolo,
[...] l'ho letto e mi e' piaciuto. Il mio primo pensiero, leggendolo, e' che avrei dovuto averlo tra le mani quando presi servizio [...] presso la Facoltà di Architettura.[...] Ho apprezzato moltissimo "Cos'è l'architettura", il paragone del bicchiere, l'ombrellone, e il discorso dello spazio in pianta quadrato, da non chiamare piu' "stanza". Ho letto con un po' di sorpresa l'evento cui accenni all'inizio del libro, l'accesa discussione con qualche studente (d'accordo, l'evento e' stato il primo e l'unico), per il fatto di "parlare un'altra lingua". Capirai bene quanto sia difficile il mio mestiere (l'insegnamento della matematica), che comporta l'uso di una nuova lingua (estranea e già odiata a prescindere!) che chiamo, a lezione, "matematichese". Anche per questo nutro, nei tuoi confronti, un po' di invidia.
Concludo dicendoti che molte delle sensazioni che trasmetti nel libro sono paradossalmente comuni a chi "fa scienza" come me. Condivido, solo per dirne una, la sensazione, anche nel mio campo, dell'esistenza di fenomeni che sfuggono alle suddivisioni e alle catalogazioni (discorso dell'ornitorinco).
Con questi pensieri e considerazioni ti saluto e ti ringrazio ancora, e mi scuso se ti ho rubato troppo tempo. Ma immagino che avere qualche riscontro dopo aver scritto un libro possa essere piacevole. [...]
AF

Leggendo "per cominciare" pensavo ad "amare l'architettura" di Ponti ... andando avanti hai citato Gio. E' forse un ritorno alla semplicità quello di cui avevamo bisogno? Hai centrato la questione! [...]
PA

Caro Professore ho iniziato e anche finito di leggere il tuo libro ieri sera. Per qualche ora è stato il mio rifugio e mi ha emozionato. Lo trovo profondo, stimolante, paterno, chiaro e anche tanto dolce. Avrei voluto leggerlo tanto tempo fa. Grazie!
GS

Ho letto le prime righe sul sito di letteraventidue. Lo compro!
EC

23 aprile 2013

Prima dell'Architettura - un piccolo estratto da "Lettera (e non solo) ad uno studente di architettura"






Tu sai cosa c'è prima dell'architettura? A te, caro studente di architettura, molto spesso, all'inizio dei corsi, racconto una specie di favola, una storia, e già questo ti dovrebbe far capire che tipo pericoloso io sia. Racconto di quel primo uomo sulla terra, che poi non era uno solo ma forse ce n'erano già altri come lui, che molti, ma proprio molti anni fa, insomma in un'epoca difficile anche solo da immaginare, un giorno si chiese cosa ci faceva lì, in quella natura spaventosa e, preso da una incontrollabile paura, cercò un modo per proteggersi, cercò di limitare i suoi timori. Si guardò intorno per vedere se c'era qualcosa o qualcuno in grado di tranquillizzarlo, di offrirgli un senso di protezione ed ecco che vide una caverna in cui ripararsi, o forse un albero dalla chioma enorme e dall'aria protettiva e, entrando in quel luogo, o rannicchiandosi ai piedi di quel tronco, si sentì non più nudo e debole, ma in parte difeso, accolto.Quel gesto fu il primo progetto di architettura, ancora prima di costruirla, fu il momento in cui nacque il bisogno di un luogo diverso da quello in cui si era, dove trovare i sensi di protezione che l'intorno non suggeriva.Il senso dell'abitare un luogo viene prima ancora del luogo stesso, l'istinto di proteggersi viene prima della forma o della struttura che ci proteggerà, e in quel gesto c'è in nuce la ragione per cui l'uomo inventerà un artificio capace di contenere ed esprimere i suoi sentimenti, meglio della natura stessa che li ha stimolati. Abitare quindi, viene prima di costruire, come ci ricorda Heiddeger, che è un filosofo, ma non ti preoccupare, di lui e di filosofia ti parlerò un'altra volta.Natura ed artificio da allora divengono due categorie in cui l'essere umano ripone sensi e sentimenti diversi.Per questo, caro il mio studente, prima ancora di parlarti dell'architettura, ho pensato fosse meglio farti capire cosa significhi “abitare”. L'abitare è una necessità così importante ed imponente che ha poi segnato tutta la storia del mondo. Si fa un gran parlare del fuoco o della ruota come di scoperte che hanno modificato il cammino dell'umanità, ma ci si dimentica a volte che, prima ancora di trattare e plasmare metalli, di allevare o coltivare, di comandare o obbedire, l'uomo ha cercato un rifugio, scegliendo un frammento della natura idoneo ad accoglierlo o, dove questo già non esistesse, non fosse presente in natura, a costruirlo o a modificarlo secondo le proprie esigenze.Abitare implica accettare il proprio essere nel mondo, significa essere consapevoli che di quel mondo si è parte attiva.La definizione di abitare è "aver consuetudine in un luogo", "occupare stabilmente", più precisamente, dal punto di vista etimologico, tale termine deriva dal latino habitare che è il frequentativo, l'iterativo, di habere e che significa letteralmente "continuare ad avere", per cui abitare è la modalità con cui l'uomo riesce a "continuare ad avere", che gli permette di "permanere", secondo le sue aspettative, nel mondo.Ho già scritto, in altre occasioni, che rispetto agli archetipi che la critica è solita indicare come il primo spazio abitato consapevolmente - sia la “caverna” scelta nella natura intatta, sia la “capanna” costruita con quanto sottratto alla natura stessa - ciò che è evidente è che l’uomo, ad un certo punto della sua evoluzione, decide di selezionare, delimitare e caratterizzare una parte dei luoghi che lo circondano, costruendo - o scegliendo accuratamente - un invaso eletto quale rifugio per proteggersi dai pericoli che egli è in grado di percepire. Secondo tale azione, istintiva e primitiva, egli riscatta, sin dal primo momento, lo spazio che decide di abitare dai vuoti presenti in natura, da quelle cavità in cui è solo possibile entrare fisicamente ma che per lui non hanno alcun senso preciso.Quello che voglio dirti è che c'è una profonda differenza tra lo “spazio” e il “vuoto”: allo spazio - sia esso costruito che selezionato tra quelli presenti - l’uomo attribuisce dei valori, dei contenuti, gli riconosce degli elementi distintivi e delle possibilità, mentre un vuoto, per quanto fruibile o percorribile, è privo di qualsiasi senso e pertanto non “appartiene” all'uomo. Lo spazio, inteso come luogo significante eletto tra altri ad ambiente dove vivere, esiste solo in quanto riceve un ruolo e un valore dall'uomo.Al di là delle connotazioni fisiche, oltre la dimensione e le caratteristiche morfologiche e materiche, lo spazio è quindi tale in quanto l’uomo gli assegna un significato, non solo, è tramite lo spazio che egli può raccontare agli altri ciò "che è" e ciò in "cui crede".Se quindi i primi significati che l'uomo attribuisce al suo spazio abitato sono quelli legati alla protezione e alla necessità di controllare e limitare i fenomeni naturali, è pur vero che con l'atto primitivo dell'abitare egli manifesta la capacità di trasformare il mondo piegandolo alle sue necessità, oltre che di essere in grado di immaginare, dall'osservazione della realtà stessa, modi di essere e di vivere, comportamenti e sensi che nella natura incontaminata non esistono ma che questa, per similitudine o per contrapposizione, gli suggerisce.Caro studente di architettura, capire l'abitare significa capire che l'uomo, colui con il quale dovrai necessariamente confrontarti con il tuo mestiere, sin dall'inizio della sua apparizione sulla terra dimostra di saper “utilizzare” quello che vede, quello che percepisce, e quello che sa di ciò che lo circonda, per costruire qualcosa che ancora non c'è, ma lui immagina e desidera. Insomma abbiamo a che fare con un essere capace di trasformare quello che ha sotto mano, con il primitivo istinto di migliorare ciò che la natura gli offre spontaneamente.Trasformare, modificare, realizzare quello che non esiste ma che può sognare, già questo fa del nostro uomo alla ricerca di una abitazione, un architetto.